Il grande matematico: Emma Castelnuovo

Il grande matematico che ho deciso di approfondire è la più importante studiosa e innovatrice in Italia, di didattica della matematica: Emma Castelnuovo.
Ho scelto questa figura non solo perché è un’insegnante di matematica, ma anche perché è una donna e si sa, le donne che insegnano questa materia purtroppo stanno diminuendo.
Di seguito verrà fatta un’ampia biografia di questo illustre personaggio, citandone anche gli scritti, il pensiero didattico – pedagogico, le iniziative e le attività considerate molto all’avanguardia.
Questa studiosa ha la matematica nel DNA perché ha avuto Federigo Enriquez come e zio e Guido Castelnuovo come padre, due dei più importanti matematici conosciuti nel mondo.
Infatti, Emma Castelnuovo ha studiato presso l’Istituto di Matematica dell’Università di Roma attualmente intitolato a suo padre, appunto Guido Castelnuovo, importante studioso di probabilità e “padre fondatore” della scuola italiana di Geometria. Qui si laurea, nel 1936, in matematica con una tesi di geometria algebrica. Al termine degli studi lavora, dal ’36 al ’38, come bibliotecaria nello stesso Istituto.
Nel 1938 vince il concorso per insegnare nella scuola secondaria ma non ottiene la cattedra a causa delle leggi razziali vigenti durante il periodo fascista. Per lo stesso motivo perde il posto da bibliotecaria. Dal 1939 al 1943 insegna nella Scuola Ebraica di Roma. L’invasione tedesca degli anni ’43 e ’44 la costringe alla clandestinità. Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944) ottiene la cattedra in una scuola media statale. Nello stesso anno organizza una conferenza sull’insegnamento della matematica.
E’ del 1946 un articolo su “Il metodo intuitivo per insegnare la Geometria nel Primo Ciclo della Scuola Secondaria”, con le idee che sviluppa poi nel libro “Geometria Intuitiva” (1949). Dalla prefazione della prima edizione si nota l’assoluta attualità delle sue idee: obiettivo principale del corso di Geometria Intuitiva e’ suscitare, attraverso l’osservazione dei fatti riguardanti la tecnica, l’arte e la natura, l’interesse dell’alunno per le proprietà fondamentali delle figure geometriche e, con esso, il gusto e l’entusiasmo per la ricerca. Questo gusto non può nascere, credo, se non facendo partecipare l’alunno nel lavoro creativo. E’ necessario animare la naturale e istintiva curiosità che hanno i ragazzi dagli 11 ai 14 anni accompagnandoli nella scoperta delle verità matematiche, trasmettendo l’idea di averlo fatto per se stessi e, dall’altra parte, far sentire progressivamente la necessità di una ragionamento logico.
Nel 1952 pubblica il libro di Aritmetica “I Numeri” per alunni del primo ciclo delle superiori. Nel frattempo, nel 1950 era nata la Commissione Internazionale per lo studio e il Miglioramento della Didattica della Matematica (C.I.E.A.E.M). Emma Castelnuovo è nominata membro della Commissione e, in questo ambito, conosce e collabora, tra gli altri, con Piaget. Nel 1956, a Madrid la Commissione celebra la sua 11° riunione con un’esposizione di modelli matematici didattici ed Emma Castelnuovo presenta una relazione per illustrare il metodo didattico per l’esposizione delle sezioni coniche (con la partecipazione degli alunni del liceo italiano di Madrid). Sempre la (C.I.E.A.E.M) nel 1958 promuove la pubblicazione del libro “I materiali per insegnare la matematica “ con articoli di personalità importanti nella didattica della Matematica. L’articolo di Emma Castelnuovo ha come titolo “L’oggetto e l’azione nell’insegnamento della Geometria intuitiva. Nel 1963 pubblica il libro “Didattica della Matematica”.
Tra il ’71 e il ’74 organizza a Roma un’esposizione di lavori dei suoi alunni: queste esposizioni daranno vita a due pubblicazioni: “Documenti di un’esposizione matematica” nel 1972 e “Matematica della realtà” nel 1976.
Nel 1993 pubblica il libro “Pentole, ombre e formiche: in viaggio con la matematica” e nella presentazione scrive: un viaggio per soddisfare le curiosità partendo da qualche teoria suggerita da problemi di pentole, da osservazioni sulle ombre e da riflessioni fatte da una formica pensierosa.
Con lo scopo, che è da sempre la missione di Emma, di “abituare i ragazzi alla ricerca autonoma, proponendosi di sviluppare le possibilità di osservazione, l’intuizione, il senso critico e, in generale, alcune fondamentali attitudini di pensiero”.
Ma parliamo adesso del presente, delle recenti attività e del futuro di Emma Castelnuovo.
Nel 2002 Emma decise che fosse necessario partire con una nuova iniziativa per continuare a diffondere le sue idee tra gli insegnanti. Da questa idea nacque l’ “Officina matematica di Emma Castelnuovo” che da allora è ospitata a Cenci, in Umbria.
Tre giornate di laboratori di matematica in cui gli insegnanti che partecipano sono invitati a lavorare con le mani, a costruire figure geometriche: con spaghi ed elastici, a piantare chiodi, per intuire quali curve presiedano alle leggi della probabilità e della frequenza, a fare delle bolle di sapone per scoprire le proprietà del cerchio e della sfera o disegnare su un cerchio che ruota. Una vera e propria officina in cui si assemblano materiali, si confrontano idee, si costruiscono oggetti e si mettono in discussione pratiche didattiche, il tutto per mettere in movimento le nostre conoscenze, troppe volte irrigidite dalla scuola.
Nel marzo del 2007 Emma Castelnuovo, ha inaugurato a Roma il festival della matematica alla presenza del sindaco Walter Veltroni, del Ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi, del Direttore scientifico della rassegna Piergiorgio Odifreddi e di diecimila persone che hanno potuto partecipare a questo evento.
La professoressa Castelnuovo ha iniziato la sua “Lectio magistralis” parlando dell’insegnamento della matematica dal VI° secolo ai giorni nostri, della sua esperienza di insegnante, del modo in cui ha rivisitato la didattica ritenendo prioritaria la necessità del ricorso al “concreto” in quanto ciò ha il duplice scopo di esercitare le facoltà sintetiche e quelle analitiche dei ragazzi. La sua metodologia ha fatto capire che esiste un metodo coinvolgente di fare matematica in cui l’alunno si rende protagonista delle sue intuizioni e scoperte e non semplice spettatore: “una didattica dinamica che è creativa, piacere di scoprire e che rende i ragazzi consapevoli del loro apprendimento”.
L’idea più importante ed originale della Castelnuovo è quella di “vedere con la mente”.
Senza grandi proclami e facili entusiasmi la professoressa Castelnuovo si è da sempre proposta, come si possa appunto “vedere con la mente”, facendo della sua professione una continua ricerca di un metodo innovativo e di facile applicazione.

Seguirà un’intervista fatta alla professoressa Emma Castelnuovo, da Franco Lorenzoni: maestro elementare e Direttore della casa-laboratorio di Cenci.
Le domande a lei rivolte sono state raggruppate per argomenti, così come sono emerse nel corso della loro conversazione.

L’importanza del linguaggio

D. Quando tu presenti dei concetti matematici, come ad esempio gli angoli, fai sempre riferimento a come usiamo questi termini nel linguaggio quotidiano. Questo mi fa ricordare quanto è stato sempre importante, per te, l’uso del linguaggio in matematica.
Ricordo una volta, quando ero tuo allievo, che in seconda media ci facesti fare un tema di matematica. Fu l’unica volta, in tre anni, in cui tu hai dato un dieci a un nostro compagno, che tra l’altro non andava tanto bene in italiano. Mi ricordo la soddisfazione con cui tu parlasti di questo suo ottimo risultato con l’in­se­gnante di lettere.
R. Scrivere è molto importante e io credo che il linguaggio possa essere facilitato dalla matematica. Se devi spiegare come si costruisce un rettangolo che ha la base tripla dell’altezza, questo è più facile che raccontare un’esperienza che hai vissuto. Così la matematica può facilitare un uso corretto del linguaggio, perché ci sono da adoperare poche parole, ma in modo chiaro e sintetico. In questo modo, tra l’altro, si possono aiutare oggi anche i compagni non italiani che ci sono in numero sempre maggiore nelle nostre scuole. E vengono facilitati anche i compagni italiani, perché si abituano a parlare bene l’italiano, con poche parole. Oggi, che sono sempre meno coloro che sanno dire correttamente due parole di seguito, questa è una cosa importantissima. La matematica può aiutare a parlare bene l’italiano. Non una matematica fredda, naturalmente, ma una matematica appresa con i materiali, di cui poi si possano verbalizzare i passaggi e le scoperte fatte con poche parole semplici, chiare, legate all’esperienza.

Mani, cervello e democrazia

D. Una cosa che manca molto oggi nella scuola è il rapporto mano-cervello…
R. Non c’è per niente e sempre meno ci sarà, perché non si sanno più adoperare le mani… ed è una cosa gravissima. Io ho sempre invitato a costruire, anche male, non sapendo nemmeno io costruire bene.
Ma adesso non si sa costruire più niente…
D. L’uso della mano nella costruzione degli oggetti, nel mio ricordo, ci portava ad imparare a ragionare, a cercare una logica in ciò che andavamo costruendo, anche confrontando i ragionamenti diversi che facevamo tra noi in classe…
R. Costruire insieme mette tutti allo stesso livello, mentre la testa crea maggiori diversità.
E’ vero che anche le mani sono diverse, però nel complesso i ragazzi vengono uniti maggiormente dal gioco delle mani.
D. Qui arriviamo ad un altro nodo del tuo insegnamento. Il desiderio che tutti arrivino ad apprendere.
R. Certo, ci devono arrivare tutti… e ci arrivano tutti.
Ci sarà qualcuno che ha più difficoltà, ma in complesso ci possono arrivare tutti perché, lavorando con le mani e osservando, i ragazzi si aiutano tra loro, aiutano il compagno che incontra maggiori difficoltà a raggiungere i risultati degli altri. Non conta solo la spiegazione del maestro, ma anche quella dei compagni, che in genere adoperano esempi più semplici.
D. Più volte hai detto che il professore non deve stare in cattedra, si deve mettere al livello degli allievi e non deve avere paura di mostrare le difficoltà che anche lui incontra.
R. Sì, perché in generale chi insegna non vuole mostrare le sue difficoltà, e invece spesso trova le stesse difficoltà dei suoi allievi. L’importante è non pensare di fare tutto alla perfezione.
D. Quale consiglio daresti a chi comincia ad insegnare?
R. Non avere mai fretta! Tutti pensano al programma ma io dico: non è importante svolgere per forza tutto il programma. L’importante è che tutti capiscano, che fra loro gli studenti si possano aiutare. Non si deve andare avanti finché l’ultimo non ha capito. Tornare su uno stesso argomento, anche a distanza di un anno, è molto importante. Ci sono cose che non si dimenticano. Non si dimenticano le cose che si sono viste e su cui si è operato.

Arte e scienza

D. Ragionando in concreto sul rapporto tra matematica e realtà, fai molto spesso riferimento all’arte e all’architettura.
R. Il caso della prospettiva è molto interessante. Le leggi sulla prospettiva, studiate dal punto di vista matematico, sono venute molto dopo le scoperte fatte dai pittori. Nell’arte si studia e si scopre la prospettiva già nel 1400, mentre fino al 1600 la prospettiva non è matematizzata. Perché questi studi non sono nati prima? Perché i matematici non guardavano la realtà. Mentre un pittore, volendo rappresentare una città, si è trovato davanti al problema che la visione non corrispondeva alla realtà.
E’ importante far vedere ai ragazzi quadri e dipinti di prima e dopo la scoperta della prospettiva. Così notano le differenze, operano dei confronti e nascono ipotesi, idee, pensieri...
D. Da quanto dici emerge un altro elemento che ti sta a cuore: il rapporto tra l’artigianato, i mestieri e le conoscenze. Hai sempre sostenuto che coloro che fanno mestieri che hanno una forte componente manuale e pratica, hanno notevoli intuizioni geometriche, ad esempio rispetto ai volumi.
R. Certo, perché toccare è osservare. L’os­servazione viene aiutata dalla mano ed io mi chiedo: che cosa succede ora, che la mano non si adopera quasi più? Ci sono programmi per l’insegnamento della geometria con il computer, come il Cabrì. Sullo schermo, però, le figure si vedono ma non si toccano. Quindi tu vedi, ma non ti vengono in mente tanti problemi. Problemi e domande che invece arrivano quando tocchi, manipoli.

Matematica e storia

D. Perché è così assente nella scuola la storia della matematica? Perché si preferisce presentare la matematica come una cosa data?
R. Direi che anche la storia della scienza e di altre discipline è molto sottovalutata. Forse nelle scienze naturali un po’ meno… Ma certo, nell’insegnamento della matematica, la storia è come se non esistesse.
I ragazzi sono così portati a mettere tutto insieme, da Euclide a oggi, senza avere nessuna cognizione delle scoperte, dell’evoluzione delle idee, delle epoche e dei luoghi dove sono vissuti i matematici.
Credo che questo dipenda dalla formazione universitaria. L’importanza della storia io l’ho appresa all’Università, frequentando un ottimo corso di storia della matematica tenuto da Federigo Enriquez.
D. In questo evocare continuamente la storia c’è anche l’idea che la matematica sia una cosa viva, una cosa che cambia nei secoli, nel tempo, e che i cambiamenti sono legati alla cultura di quel tempo e di quelle terre. Ci sono matematici a cui sei più legata?
R. Credo che insegnando sia importante riferirsi soprattutto alla matematica antica. Ai ragazzi questo interessa molto. Archimede, ad esempio, lavorava sul concreto. E poi non fa impressione pensare che lui, che se ne stava a Siracusa, ogni tanto se ne andava al Cairo per scambiare le sue idee con altri? Come faceva?
Viaggiare mica era facile come oggi. E poi si scrivevano… Evidentemente mandavano queste lettere con qualche nave che partiva per l’Africa. Questo del partire, navigare, andare dalla Sicilia in Egitto come se fosse niente, me lo rende simpatico. E poi Galileo sicuramente, perché cita degli esempi uguali e precisi a quelli di oggi, come quando dice che la maggior parte della gente è convinta che se due piazze hanno lo stesso contorno anche l’area deve essere uguale. Oltretutto Galileo ha uno stile e degli argomenti moderni che affascinano.
D. Mi è capitato in classe, quest’anno, che i ragazzi si siano appassionati molto a Talete, al suo viaggio in Egitto, al modo in cui misurò con l’ombra la piramide…
R. La cosa più interessante è che Talete, in Egitto, c’era andato per l’olio, per piazzare il suo olio perché c’era stata una stagione buonissima. Lui si sposta con l’olio e questo dimostra, se non altro, una sua grande varietà di interessi.

Io e la matematica

Il mio rapporto con la matematica nell’infanzia fu molto buono. Ricordo ancora come se fosse adesso, che per il mio quinto Natale ricevetti una lavagnetta magnetica con le cifre da 0 a 9. Adoravo quel regalo e quei numeri dai colori vivaci. Mi divertivo molto a combinare le cifre tra loro e poi chiedevo ai miei genitori quale numero avessi composto.
Grazie a quella lavagnetta imparai a contare fino a 10 e ciò permise di attutire l’impatto con la matematica al mio ingresso nella scuola elementare. Mi piaceva molto contare con l’abaco e mi divertivo ad usarlo oltre che a scuola, anche a casa con mia madre. Il mio rapporto con i numeri si mantenne buono anche negli anni successivi; svolgevo con piacere le quattro operazioni, anche se nutrivo una lieve antipatia per le divisioni. Anche le tabelline mi appassionavano e ricordo molto bene quando la mia maestra interrogava me ed i miei compagni di classe e noi dovevamo rispondere correttamente e nel minor tempo possibile. Un divertimento unico ed entusiasmante!
Un altro argomento che mi torna in mente spesso e volentieri sono le equivalenze, ad esempio quando vado a fare la spesa e mi trovo a dover decidere se acquistare la confezione di pasta da 500 grammi o quella da 1 chilogrammo. Immancabilmente mi scappa un sorriso, forse di nostalgia o forse di tenerezza. Purtroppo i problemi con la matematica iniziarono alla quinta elementare, quando affrontammo le famose “espressioni”. Tutto era nato dal fatto che la mia maestra sosteneva che l’importante fosse eseguire bene il ragionamento e che non le interessava il risultato finale dell’espressione; in pratica però non era così e ciò scaturiva in noi una certa confusione. Purtroppo il risultato finale dell'espressione era diverso per ognuno di noi, perché durante lo svolgimento del compito perdevamo o aggiungevamo qualche decina o qualche unità, ma il famoso ragionamento era esatto per molti di noi. Tutto ciò però alla mia insegnante sembrava non interessare molto poiché ci rimproverava sempre per il risultato errato dell’espressione. Questo fatto iniziò a creare un certo malessere in noi bambini e nello stesso tempo provocò frustrazione nella mia insegnante, innescando una sorta di circolo vizioso che fu impossibile interrompere. Iniziai a chiedermi se un dato numerico potesse essere davvero così importante, se il mio futuro di studentessa o di persona, o il mio giudizio potessero dipendere così tanto da un numero. A distanza di tempo la spiegazione che mi sento di dare è che alla quinta elementare la mia maestra iniziò a prepararci per la scuola media, purtroppo adottando un metodo a mio avviso opinabile. Lo consideravo e lo considero eccessivamente rigoroso, inefficace a livello didattico e troppo lontano dal metodo giocoso e partecipativo adottato ai tempi delle tabelline.
Alle scuole medie ebbi la fortuna di avere come docente di matematica un uomo severo ed esigente con noi alunni, ma sicuramente dai modi garbati. Aveva un carisma speciale, riusciva a catturare la nostra attenzione e noi studenti dal canto nostro, nutrivamo e nutriamo ancora per lui un sentimento di grande rispetto, oltre che di grande ammirazione. Nell’insegnamento coniugava bene teoria e pratica perché ciò che esponeva a lezione veniva accompagnato da un riscontro pratico; ci faceva toccare con mano quanto avesse spiegato in una lezione teorica.
Tentò di risollevare il mio rapporto con i numeri quando ormai questo sembrava compromesso. Ricordo che ci insegnava la geometria tanto con le definizioni da imparare a memoria (Teoremi di Pitagora e di Euclide), quanto a livello concreto facendoci realizzare delle figure geometriche con i cartoncini colorati.
Fu così che con pazienza e con costanza imparai a risolvere problemi e quesiti vari e quel numero, l’ossessivo numero finale che molte volte mi aveva perseguitato, pian piano cessò di farmi paura. In questo periodo capii che i numeri servivano a regolare la nostra vita e che con i numeri si giudicava il rendimento scolastico di un alunno, ma la persona in quanto tale non poteva e non doveva essere giudicata con un numero, ne’ tantomeno si doveva mai sentire giudicata da esso. Come ho già detto, il mio professore delle scuole medie tentò di risollevare il mio rapporto con la matematica e devo ammettere che ci riuscì ma solo in parte, perché quando dovetti scegliere la scuola superiore da frequentare mi accertai, prima di ogni cosa, quante ore di matematica ci fossero da seguire. La mia scelta quindi si orientò verso l’Istituto Magistrale perché nell’arco della settimana le ore di matematica erano solo quattro. Non mi sembrava vero!Purtroppo anche quando frequentai l’Istituto Magistrale non fui fortunata con la matematica perché cambiai i professori di questa materia per ben cinque volte. Ognuno di loro aveva un metodo diverso e noi studenti, di volta in volta, dovevamo adattarci a questo o quel criterio d’insegnamento. Nessuno dei professori di matematica pensò a noi studenti e a quanto questo loro succedersi negli anni sulla stessa cattedra, ci avesse di fatto impedito di acquisire e di applicare un metodo univoco nel corso degli studi. Cominciai a considerare la matematica come un’opinione, purtroppo un’opinione negativa. Ciò contribuì a condizionare la mia scelta per la facoltà universitaria alla quale dovermi iscrivere. Da un lato, avendo frequentato l’Istituto Magistrale, erano nate in me la passione per la filosofia e la pedagogia e dall’altro il rapporto con la matematica si rivelò definitivamente compromesso, rendendo la mia scelta quasi ovvia.
Scelsi una facoltà umanistica pensando di dire addio alla matematica. Mi iscrissi a Scienze dell’Educazione, ma sorprendentemente nel piano di studi c’erano due esami di statistica da sostenere. Con grande stupore e meraviglia li superai già al primo tentativo e con voti più che buoni. Sapevo che c’era in me una passione per la matematica, del resto si era capito già ai tempi della lavagnetta magnetica e più tardi con le tabelline, ma purtroppo fu inibita troppo presto. Ancora adesso questa materia suscita in me un certo fascino. Ne apprezzo gli studiosi, i giovani ricercatori, i fisici e tutti quelli che operano in questo campo; a loro va tutta la mia stima e la mia ammirazione, ma permettetemi di dire anche un po’ d’invidia. Una cosa deve essere chiara: non mi pento assolutamente della scelta che ho fatto e che farei ancora. I miei studi sono stati gratificanti ed interessanti e di ciò non posso che esserne soddisfatta.
Spero vivamente che "da grande" riuscirò a diventare un'insegnante, anzi no, una brava insegnante, magari evitando ai miei alunni dispiaceri e amarezze provati nei miei trascorsi di studentessa.

Il genio della porta accanto

Per svolgere la prova “Il genio della porta accanto”, ho scelto di intervistare un mio vicino di casa oltre che un mio compagno di studi. Un ragazzo molto brillante e con un percorso di studi tutto incentrato sulla matematica: Liceo Scientifico alle superiori ed Economia e Commercio all’università. Era da tempo che non scambiavo quattro chiacchiere con Orlando, questo è il suo nome, e devo dire che ho trascorso con lui un piacevole pomeriggio d’estate! Di seguito verrà riportata l’intervista con tutte le domande a lui rivolte e le rispettive risposte.
Buona lettura a tutti!!!

Nome e Cognome: Orlando Lancia
Età: 30 anni
Stato: Celibe

1) D. Qual è stato il tuo rapporto con la matematica a scuola?
R.
Sicuramente non odio. Era una delle cose che mi veniva più naturale fare. Non mi pesava assolutamente perché era una materia più mentale e c’era poco da scrivere.
Un tema è soggettivo e può avere qualsiasi interpretazione, invece un numero è oggettivo ed ha un’interpretazione univoca.

2) D. Esperienze positive e negative negli anni scolastici?
R.
Ho avuto sempre un buon rapporto con la matematica, con i docenti e con i compagni. Questo rapporto, sempre buono peraltro, mi ha cresciuto non solo da un punto di vista culturale ma anche personale perché quando ho deciso di scrivermi alla facoltà di Economia e Commercio sono andato a vivere da solo.

3) D. Quale professore di matematica ricordi in modo particolare?
R.
Ricordo molto volentieri il professore delle scuole medie perché sapeva come stimolarci e come catturare la nostra attenzione. Era capace inoltre di farci "vedere" la matematica come un gioco e trattandosi di ragazzi di 11, 12 e 13 anni non era cosa facile.

4) D. Chi ti ha spronato nel continuare ad interessarti alla matematica?
R.
Nessuno, perché era la cosa che mi veniva più semplice fare e per questo ho scelto di scrivermi ad una facoltà scientifica.

5) D. Di cosa ti occupi?
R.
Lavoro in banca. Principalmente mi occupo di cassa, contabilità, gestione dei privati (investimenti, prestiti)
.

6) D. Perché hai deciso di fare questo lavoro?
R.
Perché sono stato da sempre appassionato dagli investimenti finanziari.

7) D. Descrivimi una tua giornata tipo!
R.
Mi alzo alle 7:00 e vado a lavoro alle 8:00. Dalle 8:30 fino alle 13:30 c’è l’apertura al pubblico con attività di servizio e consulenza. Il pomeriggio di nuovo apertura al pubblico dalle 14:15 alle 15:45 e subito dopo provvedo alla chiusura della contabilità ma resto in ufficio fino alle 17:00 per le operazioni di controllo o d’inserimento pratiche.

8) D. Le tue maggiori difficoltà sono…
R.
Principalmente nella gestione con la clientela; nel dover dire di no ad alcuni clienti per delle condizioni che siamo costretti a non accettare e ciò mi dispiace anche da un punto di vista umano.
Anche la formazione per il personale, che è spesso carente ma che invece è indispensabile per una buona crescita professionale.

9) D. Cosa diresti ad un ragazzo che odia la matematica?
R.
Se non ama la matematica consiglio di seguire almeno altri interessi.

10) D. È cambiata la tua vita da quando fai questo lavoro?
R.
Si, perché sono soggetto agli spostamenti. Ci vuole una certa elasticità mentale per fare questo lavoro perché un giorno sto a Firenze ma dopo quindici giorni possono mandarmi da qualche altra parte.

11) D. Da bambino quali erano i tuoi divertimenti?
R.
Calcio, tennis…quelli che hanno tanti bambini. Adesso sono appassionato anche di sudoku.

12) D. La cosa che ti entusiasma di più del tuo lavoro?
R.
Il contatto con la gente innanzitutto, il riconoscimento dei meriti ed i complimenti dei superiori per aver svolto il mio lavoro con dedizione e con passione, anche per compiti di una certa difficoltà.

13) D. La tua famiglia ti ha aiutato o influenzato nelle tue scelte?
R.
Non mi hanno influenzato. Ho sempre preso le mie decisioni autonomamente anche se sentivo sempre l’occhio vigile dei miei genitori.

14) D. A quale modello ti sei ispirato?
R.
Il mio primo direttore che ho avuto a Firenze era un prototipo di direttore che apprezzo molto. Aveva un buon rapporto con la clientela, era sempre disponibile, si informava sulle direttive e sulle normative piuttosto che chiedere ai colleghi.
Uno stakanovista convinto! Ricordo che una domenica andò a sciare con la sua famiglia e si ruppe un braccio ma il lunedì mattina alle 8:00 era in ufficio, puntuale come sempre.

La mia famiglia: albero genealogico



Ragazzi, alla fine ce l'ho fatta!!! Ho costruito il mio albero genealogico!!! Devo ammettere che non è stato affatto semplice!!! Ho usato un programma denominato genopro e con un pò di pazienza ho capito come si doveva utilizzare, ma la parte più complicata è stata cercare di informarmi sui nomi e sulle date di nascita di tutti i miei parenti!
Mi piace immaginare come diventerà in futuro il mio albero genealogico, magari si aggiungeranno anche qualche altra unione coniugale e qualche nuova nascita!!!



Noi e la matematica

I numeri sono lo strumento senza il quale la nostra vita di uomini moderni sarebbe distrutta: regolano la nostra età, il nostro tempo, il telefono, la via, il piano, il conto corrente, il numero di bancomat, la carta di credito, il codice fiscale, la targa dell'auto, ecc ecc. Non potremmo vivere senza numeri e pochi di noi sono senza calcolatrice, cellulare con relativo codice e così via; potremmo dire insomma che i numeri sono lo strumento più "materiale", pratico e concreto che ci sia. Per svolgere la prova "Noi e la matematica", ho preso la prima pagina del quotidiano "Il Corriere della sera" del 1 aprile 2008 e leggendo la testata, gli articoli e le pubblicità ho evidenziato tutti i numeri, le date, i simboli e i concetti matematici che sono risultati davvero numerosi. Questo ci fa capire quanta matematica e quanti numeri ci siano intorno a noi e quanto essi scandiscano le nostre giornate e ci accompagnino nelle nostre azioni quotidiane, anche se non ce ne accorgiamo e spesso ignoriamo questa importante presenza.

Di seguito verranno elencati tutti i dati numerici rilevati:

Le date: 1 Aprile 2008; Settembre 1996: 1876; 2015 (4 volte);
1980; 1996; 2000 (2volte); 2008; 1942; 2010.
I prezzi: euro 1,00; euro 7.99; euro 2.90.
I numeri di telefono: 08-6339; 06-688281.
I numeri civici: 28; 5.
Le percentuali: 3,3% (2 volte); 2,9%; 20,2%; 17%.
I numeri cardinali: Un/una (21 volte); 2; 3 (2 volte);
cinque (2 volte) ; quattro (2 volte) 6 (tre volte) dodici;
tredici; settantotto; 36; 86; 65; 14; 15; 26; (2 volte)
27; 17; 24; 19; 23;156; 150; 500.
I numeri ordinali: Primo/prima (2 volte); seconda; terzo;
quarta (3 volte); sesto.
Termini affini alla matematica: Cifre; finanziamenti;
inflazione (2 volte); aumento; rincarato; tassi (3 volte);
alti; tanto; toglie; medio; sottrae; prezzi (4 volte); ora; minuto.
Simboli matematici: per (7 volte); piu' (7 volte) meno (3 volte).

Tangram

Il tangram è un gioco millenario della Cina ottenuto dalla scomposizione di un quadrato in sette forme geometriche. Esse sono:
A) 5 triangoli rettangoli di cui:
2 grandi di uguale misura,
1 medio,
2 piccoli di uguale misura,
B) 1 quadrato;
C) 1 Parallelogramma.

Il tangram è conosciuto come "le sette pietre della saggezza" perché si diceva che la padronanza di questo gioco fosse la chiave per ottenere saggezza e talento.
Qualsiasi figura realizzata con il tangram deve essere costruita impiegando tutti i sette pezzi senza sovrapporli.
I cinesi lo chiamano Chi Chiao Tu, che significa "disposizione ingegnosa di sette pezzi".
Lewis Carrol, l'autore di "Alice nel paese delle meraviglie", dispose i sette pezzi in modo da creare alcuni degli strani personaggi incontrati da Alice durante il suo viaggio. Si dice inoltre, che Napoleone in esilio passasse il suo tempo disponendo i pezzi di questo gioco.
Ma torniamo a noi, al nostro tangram e alla nostra storia.
Di seguito verrà riportata una storia pensata per i bambini di cinque e sei anni e le figure che ci siamo divertite a inventare e realizzare con il tangram.
Siamo state letteralmente catturate dalla meraviglia di questo gioco perché riuscire a costruire più figure possibili, era diventata un sorta di sfida con noi stesse.
Lasciamo ora spazio alla vostra fantasia e ci auspichiamo che vengano realizzate molte altre figure con questo interessante gioco, augurandoci che rimanga per altri mille anni un dono simpatico e gradito.


LE AVVENTURE DEL GATTO MENELAO


C'era una volta un gatto di nome Menelao
che durante il giorno faceva sempre e solo miao.
















Un bel giorno stanco della sua vita noiosa
decise di lasciare la sua casa tediosa.


















Camminando camminando
attraversò tutto il mondo
e dalla campagna
arrivò fino alla verde montagna.








Si ritrovò nel deserto
che abbandonò ben presto
e impaurito dalla solitudine
pianse lacrime in moltitudine.
Tornando dalla sua famiglia
udì una voce di coniglia:





















- Dove vai? Non andare via,
ti porto con me nella fattoria!
















Sai?! Non sei solo,
qui siamo sempre contenti
e anche divertenti! -
- Si, è vero, stai tranquillo! -

rispose il pulcino Lillo.















- Si, qui siamo tutti amici
e siamo sempre felici!

- ribatté Violetta la capretta.

















Esclamò Menelao: - che bello! -
e gioì con un saltello.
















- Ma come faccio? Devo avvertire i miei cari,
ma dovrò attraversare molti mari!
Mi occorre una barchetta
così farò più in fretta! -

















-Non essere preoccupato, - disse Uga la tartaruga -
vado io ad avvertire i tuoi genitori

così placherò i loro umori! -




















- No tu sei troppo lenta,
arriveranno gli anni trenta, -
rispose Gino l'uccellino,
- Vado io e in una volata

la faccenda è sistemata! -


















L'unico un pò preoccupato era il topo
che sperava fosse tutto un gioco!
Oddio! - esclamava pensieroso -
una famiglia di gatti?
Aiuto qui son tutti matti! -




















- Mi avete convinto, -
esclamò il gatto assai contento! -
- Vivremo qui io e i miei genitori
e verranno presto tempi migliori! -
- Vi piacerà questo mondo
perché è assai giocondo, -
disse il cavallo

che era sempre in ballo.















-Grazie a tutti amici animali
ma sono meglio un paio d'ali!
Ho deciso che andrà Gino l'uccellino

e con coraggio
intraprenderà tutto il viaggio!
I miei genitori non sanno nuotare
e per questo potranno affogare!
Tra qualche giorno
gioiremo tutto intorno,
una grande festa si farà
e tutti insieme si ballerà!! -
Arrivò il momento
che si avvicinava il festeggiamento,
da lontano
si vede una mano:
era della mamma
che il cuore sempre infiamma!


















..Ci fu un lungo abbraccio
che squagliò anche il ghiaccio!!




Filastrocca della signora Matematica

La signora Matematica è confusa
ha i numeri alla rinfusa,
ha bisogno di precisione
dato che non è un'opinione!
Vuole ritrovare la compagnia
ed io ti indicherò la via!
Ti segnerò l'inizio con il blu
e poi continuerai tu!
Se i numeri da uno a dieci riordinerai
sette figure geometriche otterrai!