Il grande matematico che ho deciso di approfondire è la più importante studiosa e innovatrice in Italia, di didattica della matematica: Emma Castelnuovo.
Ho scelto questa figura non solo perché è un’insegnante di matematica, ma anche perché è una donna e si sa, le donne che insegnano questa materia purtroppo stanno diminuendo.
Di seguito verrà fatta un’ampia biografia di questo illustre personaggio, citandone anche gli scritti, il pensiero didattico – pedagogico, le iniziative e le attività considerate molto all’avanguardia.
Questa studiosa ha la matematica nel DNA perché ha avuto Federigo Enriquez come e zio e Guido Castelnuovo come padre, due dei più importanti matematici conosciuti nel mondo.
Infatti, Emma Castelnuovo ha studiato presso l’Istituto di Matematica dell’Università di Roma attualmente intitolato a suo padre, appunto Guido Castelnuovo, importante studioso di probabilità e “padre fondatore” della scuola italiana di Geometria. Qui si laurea, nel 1936, in matematica con una tesi di geometria algebrica. Al termine degli studi lavora, dal ’36 al ’38, come bibliotecaria nello stesso Istituto.
Nel 1938 vince il concorso per insegnare nella scuola secondaria ma non ottiene la cattedra a causa delle leggi razziali vigenti durante il periodo fascista. Per lo stesso motivo perde il posto da bibliotecaria. Dal 1939 al 1943 insegna nella Scuola Ebraica di Roma. L’invasione tedesca degli anni ’43 e ’44 la costringe alla clandestinità. Dopo la liberazione di Roma (giugno 1944) ottiene la cattedra in una scuola media statale. Nello stesso anno organizza una conferenza sull’insegnamento della matematica.
E’ del 1946 un articolo su “Il metodo intuitivo per insegnare la Geometria nel Primo Ciclo della Scuola Secondaria”, con le idee che sviluppa poi nel libro “Geometria Intuitiva” (1949). Dalla prefazione della prima edizione si nota l’assoluta attualità delle sue idee: obiettivo principale del corso di Geometria Intuitiva e’ suscitare, attraverso l’osservazione dei fatti riguardanti la tecnica, l’arte e la natura, l’interesse dell’alunno per le proprietà fondamentali delle figure geometriche e, con esso, il gusto e l’entusiasmo per la ricerca. Questo gusto non può nascere, credo, se non facendo partecipare l’alunno nel lavoro creativo. E’ necessario animare la naturale e istintiva curiosità che hanno i ragazzi dagli 11 ai 14 anni accompagnandoli nella scoperta delle verità matematiche, trasmettendo l’idea di averlo fatto per se stessi e, dall’altra parte, far sentire progressivamente la necessità di una ragionamento logico.
Nel 1952 pubblica il libro di Aritmetica “I Numeri” per alunni del primo ciclo delle superiori. Nel frattempo, nel 1950 era nata la Commissione Internazionale per lo studio e il Miglioramento della Didattica della Matematica (C.I.E.A.E.M). Emma Castelnuovo è nominata membro della Commissione e, in questo ambito, conosce e collabora, tra gli altri, con Piaget. Nel 1956, a Madrid la Commissione celebra la sua 11° riunione con un’esposizione di modelli matematici didattici ed Emma Castelnuovo presenta una relazione per illustrare il metodo didattico per l’esposizione delle sezioni coniche (con la partecipazione degli alunni del liceo italiano di Madrid). Sempre la (C.I.E.A.E.M) nel 1958 promuove la pubblicazione del libro “I materiali per insegnare la matematica “ con articoli di personalità importanti nella didattica della Matematica. L’articolo di Emma Castelnuovo ha come titolo “L’oggetto e l’azione nell’insegnamento della Geometria intuitiva. Nel 1963 pubblica il libro “Didattica della Matematica”.
Tra il ’71 e il ’74 organizza a Roma un’esposizione di lavori dei suoi alunni: queste esposizioni daranno vita a due pubblicazioni: “Documenti di un’esposizione matematica” nel 1972 e “Matematica della realtà” nel 1976.
Nel 1993 pubblica il libro “Pentole, ombre e formiche: in viaggio con la matematica” e nella presentazione scrive: un viaggio per soddisfare le curiosità partendo da qualche teoria suggerita da problemi di pentole, da osservazioni sulle ombre e da riflessioni fatte da una formica pensierosa.
Con lo scopo, che è da sempre la missione di Emma, di “abituare i ragazzi alla ricerca autonoma, proponendosi di sviluppare le possibilità di osservazione, l’intuizione, il senso critico e, in generale, alcune fondamentali attitudini di pensiero”.
Ma parliamo adesso del presente, delle recenti attività e del futuro di Emma Castelnuovo.
Nel 2002 Emma decise che fosse necessario partire con una nuova iniziativa per continuare a diffondere le sue idee tra gli insegnanti. Da questa idea nacque l’ “Officina matematica di Emma Castelnuovo” che da allora è ospitata a Cenci, in Umbria.
Tre giornate di laboratori di matematica in cui gli insegnanti che partecipano sono invitati a lavorare con le mani, a costruire figure geometriche: con spaghi ed elastici, a piantare chiodi, per intuire quali curve presiedano alle leggi della probabilità e della frequenza, a fare delle bolle di sapone per scoprire le proprietà del cerchio e della sfera o disegnare su un cerchio che ruota. Una vera e propria officina in cui si assemblano materiali, si confrontano idee, si costruiscono oggetti e si mettono in discussione pratiche didattiche, il tutto per mettere in movimento le nostre conoscenze, troppe volte irrigidite dalla scuola.
Nel marzo del 2007 Emma Castelnuovo, ha inaugurato a Roma il festival della matematica alla presenza del sindaco Walter Veltroni, del Ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi, del Direttore scientifico della rassegna Piergiorgio Odifreddi e di diecimila persone che hanno potuto partecipare a questo evento.
La professoressa Castelnuovo ha iniziato la sua “Lectio magistralis” parlando dell’insegnamento della matematica dal VI° secolo ai giorni nostri, della sua esperienza di insegnante, del modo in cui ha rivisitato la didattica ritenendo prioritaria la necessità del ricorso al “concreto” in quanto ciò ha il duplice scopo di esercitare le facoltà sintetiche e quelle analitiche dei ragazzi. La sua metodologia ha fatto capire che esiste un metodo coinvolgente di fare matematica in cui l’alunno si rende protagonista delle sue intuizioni e scoperte e non semplice spettatore: “una didattica dinamica che è creativa, piacere di scoprire e che rende i ragazzi consapevoli del loro apprendimento”.
L’idea più importante ed originale della Castelnuovo è quella di “vedere con la mente”.
Senza grandi proclami e facili entusiasmi la professoressa Castelnuovo si è da sempre proposta, come si possa appunto “vedere con la mente”, facendo della sua professione una continua ricerca di un metodo innovativo e di facile applicazione.
Seguirà un’intervista fatta alla professoressa Emma Castelnuovo, da Franco Lorenzoni: maestro elementare e Direttore della casa-laboratorio di Cenci.
Le domande a lei rivolte sono state raggruppate per argomenti, così come sono emerse nel corso della loro conversazione.
L’importanza del linguaggio
D. Quando tu presenti dei concetti matematici, come ad esempio gli angoli, fai sempre riferimento a come usiamo questi termini nel linguaggio quotidiano. Questo mi fa ricordare quanto è stato sempre importante, per te, l’uso del linguaggio in matematica.
Ricordo una volta, quando ero tuo allievo, che in seconda media ci facesti fare un tema di matematica. Fu l’unica volta, in tre anni, in cui tu hai dato un dieci a un nostro compagno, che tra l’altro non andava tanto bene in italiano. Mi ricordo la soddisfazione con cui tu parlasti di questo suo ottimo risultato con l’insegnante di lettere.
R. Scrivere è molto importante e io credo che il linguaggio possa essere facilitato dalla matematica. Se devi spiegare come si costruisce un rettangolo che ha la base tripla dell’altezza, questo è più facile che raccontare un’esperienza che hai vissuto. Così la matematica può facilitare un uso corretto del linguaggio, perché ci sono da adoperare poche parole, ma in modo chiaro e sintetico. In questo modo, tra l’altro, si possono aiutare oggi anche i compagni non italiani che ci sono in numero sempre maggiore nelle nostre scuole. E vengono facilitati anche i compagni italiani, perché si abituano a parlare bene l’italiano, con poche parole. Oggi, che sono sempre meno coloro che sanno dire correttamente due parole di seguito, questa è una cosa importantissima. La matematica può aiutare a parlare bene l’italiano. Non una matematica fredda, naturalmente, ma una matematica appresa con i materiali, di cui poi si possano verbalizzare i passaggi e le scoperte fatte con poche parole semplici, chiare, legate all’esperienza.
Mani, cervello e democrazia
D. Una cosa che manca molto oggi nella scuola è il rapporto mano-cervello…
R. Non c’è per niente e sempre meno ci sarà, perché non si sanno più adoperare le mani… ed è una cosa gravissima. Io ho sempre invitato a costruire, anche male, non sapendo nemmeno io costruire bene.
Ma adesso non si sa costruire più niente…
D. L’uso della mano nella costruzione degli oggetti, nel mio ricordo, ci portava ad imparare a ragionare, a cercare una logica in ciò che andavamo costruendo, anche confrontando i ragionamenti diversi che facevamo tra noi in classe…
R. Costruire insieme mette tutti allo stesso livello, mentre la testa crea maggiori diversità.
E’ vero che anche le mani sono diverse, però nel complesso i ragazzi vengono uniti maggiormente dal gioco delle mani.
D. Qui arriviamo ad un altro nodo del tuo insegnamento. Il desiderio che tutti arrivino ad apprendere.
R. Certo, ci devono arrivare tutti… e ci arrivano tutti.
Ci sarà qualcuno che ha più difficoltà, ma in complesso ci possono arrivare tutti perché, lavorando con le mani e osservando, i ragazzi si aiutano tra loro, aiutano il compagno che incontra maggiori difficoltà a raggiungere i risultati degli altri. Non conta solo la spiegazione del maestro, ma anche quella dei compagni, che in genere adoperano esempi più semplici.
D. Più volte hai detto che il professore non deve stare in cattedra, si deve mettere al livello degli allievi e non deve avere paura di mostrare le difficoltà che anche lui incontra.
R. Sì, perché in generale chi insegna non vuole mostrare le sue difficoltà, e invece spesso trova le stesse difficoltà dei suoi allievi. L’importante è non pensare di fare tutto alla perfezione.
D. Quale consiglio daresti a chi comincia ad insegnare?
R. Non avere mai fretta! Tutti pensano al programma ma io dico: non è importante svolgere per forza tutto il programma. L’importante è che tutti capiscano, che fra loro gli studenti si possano aiutare. Non si deve andare avanti finché l’ultimo non ha capito. Tornare su uno stesso argomento, anche a distanza di un anno, è molto importante. Ci sono cose che non si dimenticano. Non si dimenticano le cose che si sono viste e su cui si è operato.
Arte e scienza
D. Ragionando in concreto sul rapporto tra matematica e realtà, fai molto spesso riferimento all’arte e all’architettura.
R. Il caso della prospettiva è molto interessante. Le leggi sulla prospettiva, studiate dal punto di vista matematico, sono venute molto dopo le scoperte fatte dai pittori. Nell’arte si studia e si scopre la prospettiva già nel 1400, mentre fino al 1600 la prospettiva non è matematizzata. Perché questi studi non sono nati prima? Perché i matematici non guardavano la realtà. Mentre un pittore, volendo rappresentare una città, si è trovato davanti al problema che la visione non corrispondeva alla realtà.
E’ importante far vedere ai ragazzi quadri e dipinti di prima e dopo la scoperta della prospettiva. Così notano le differenze, operano dei confronti e nascono ipotesi, idee, pensieri...
D. Da quanto dici emerge un altro elemento che ti sta a cuore: il rapporto tra l’artigianato, i mestieri e le conoscenze. Hai sempre sostenuto che coloro che fanno mestieri che hanno una forte componente manuale e pratica, hanno notevoli intuizioni geometriche, ad esempio rispetto ai volumi.
R. Certo, perché toccare è osservare. L’osservazione viene aiutata dalla mano ed io mi chiedo: che cosa succede ora, che la mano non si adopera quasi più? Ci sono programmi per l’insegnamento della geometria con il computer, come il Cabrì. Sullo schermo, però, le figure si vedono ma non si toccano. Quindi tu vedi, ma non ti vengono in mente tanti problemi. Problemi e domande che invece arrivano quando tocchi, manipoli.
Matematica e storia
D. Perché è così assente nella scuola la storia della matematica? Perché si preferisce presentare la matematica come una cosa data?
R. Direi che anche la storia della scienza e di altre discipline è molto sottovalutata. Forse nelle scienze naturali un po’ meno… Ma certo, nell’insegnamento della matematica, la storia è come se non esistesse.
I ragazzi sono così portati a mettere tutto insieme, da Euclide a oggi, senza avere nessuna cognizione delle scoperte, dell’evoluzione delle idee, delle epoche e dei luoghi dove sono vissuti i matematici.
Credo che questo dipenda dalla formazione universitaria. L’importanza della storia io l’ho appresa all’Università, frequentando un ottimo corso di storia della matematica tenuto da Federigo Enriquez.
D. In questo evocare continuamente la storia c’è anche l’idea che la matematica sia una cosa viva, una cosa che cambia nei secoli, nel tempo, e che i cambiamenti sono legati alla cultura di quel tempo e di quelle terre. Ci sono matematici a cui sei più legata?
R. Credo che insegnando sia importante riferirsi soprattutto alla matematica antica. Ai ragazzi questo interessa molto. Archimede, ad esempio, lavorava sul concreto. E poi non fa impressione pensare che lui, che se ne stava a Siracusa, ogni tanto se ne andava al Cairo per scambiare le sue idee con altri? Come faceva?
Viaggiare mica era facile come oggi. E poi si scrivevano… Evidentemente mandavano queste lettere con qualche nave che partiva per l’Africa. Questo del partire, navigare, andare dalla Sicilia in Egitto come se fosse niente, me lo rende simpatico. E poi Galileo sicuramente, perché cita degli esempi uguali e precisi a quelli di oggi, come quando dice che la maggior parte della gente è convinta che se due piazze hanno lo stesso contorno anche l’area deve essere uguale. Oltretutto Galileo ha uno stile e degli argomenti moderni che affascinano.
D. Mi è capitato in classe, quest’anno, che i ragazzi si siano appassionati molto a Talete, al suo viaggio in Egitto, al modo in cui misurò con l’ombra la piramide…
R. La cosa più interessante è che Talete, in Egitto, c’era andato per l’olio, per piazzare il suo olio perché c’era stata una stagione buonissima. Lui si sposta con l’olio e questo dimostra, se non altro, una sua grande varietà di interessi.